Una ricorrenza cara al mondo agricolo, ma non solo. La festa di Sant’Antonio Abate, infatti, è entrata da tempo immemorabile nel cuore dei varesini.
Ma, a quasi due anni dallo scattare dell’emergenza Covid, la pandemia ridimensiona diversi eventi in provincia, a partire dalle feste popolari che seguono alla benedizione degli animali nei numerosi borghi rurali: in particolare a Varese niente falò della Motta e domani, lunedì 17 la benedizione degli Animali e dei Pani sarà proposta alle 12 in streaming tramite il sito www.santantonioabatevarese.it.
“E’ una festa che gli agricoltori di ogni paese rurale, dalle Prealpi alla pianura, hanno sempre vissuto con trasporto, partecipando alla Messa e alla successiva benedizione degli animali. Sicuramente, lo scenario di quest’anno è uno specchio della difficile realtà che stiamo affrontando ormai da quasi due anni” dice il presidente di Coldiretti Varese Fernando Fiori.
Una festa di antica origine e ancor oggi celebrata come un tratto d’unione tra le generazioni che operano nel settore primario: molte, infatti, sono le chiese dedicate a Sant’Antonio Abate in tutta la provincia, da Olgiate Olona a Saronno, da Gallarate a Cuasso al Monte, e ancora Busto Arsizio, Sesto Calende, Ferno, ecc.
L’iconografia raffigura sempre un porcello munito di campanella a fianco del santo egiziano: la leggenda vuole che il porcellino sia stato “complice“ nell’aiutare Sant’Antonio a rubare il fuoco degli inferi per donarlo al popolo, che soffriva il freddo.
La storia, invece, ricorda che i canonici di Sant’Antonio avevano ottenuto il permesso di allevare i maiali all’interno de centri abitati: il grasso di maiale era infatti utilizzato come emolliente per le piaghe provocate dal “fuoco di S. Antonio”, che l’ordine curava negli hospitii od ospedali che era deputato a gestire.
L’Ordine antoniano lasciò, dunque, traccia del suo passaggio attraverso una serie pressoché infinita di ospedali (tutt’oggi dedicati al Santo) presenti anche sul territorio della nostra provincia.